Prodotti omeopatici in marcia verso l’Aic: dal 2019 resterà sul mercato un prodotto su tre. Omeoimprese: «Più tutele per i pazienti e disco verde all’export»

Da “Il Sole 24 Ore – Sanità” del 5 agosto 2016

di Rosanna Magnano

Dal 2019 in poi potrebbe restare sul mercato solo un prodotto omeopatico su tre. Non perché gli altri due non siano utili o sicuri ma perché nel settore è in atto una rivoluzione silenziosa, che entro il 31 dicembre 2018 porterà tutte le imprese a richiedere all’Aifa un’Autorizzazione all’immissione in commercio (Aic) per ciascun prodotto in virtù di una normativa europea in vigore da alcuni anni (Dlgs 219/06 come modificato dalla legge 189/12). Un processo che implica dei costi e che comporterà quindi una selezione naturale verso i prodotti più promettenti e consolidati. Il risultato sarà quello di un pesante snellimento dell’offerta. Che potrebbe non essere un male. «Attualmente sono in commercio circa 10-12mila prodotti – spiega il presidente di Omeoimprese, Giovanni Gorga – e le aziende, a seguito di questo processo di regolamentazione, dovranno prendere in considerazione una inevitabile scrematura dei propri listini».

Il problema sono appunto i costi dei dossier, dal momento che si parla di imprese che hanno un fatturato medio di circa 9 mln di euro (il giro d’affari complessivo delle circa 30 aziende presenti in Italia non supera i 300 milioni) . «Già da qualche mese le imprese hanno incominciato a inviare i dossier ad Aifa e voglio ricordare che stiamo facendo un ottimo lavoro con l’Agenzia regolatoria e c’è un clima di grande collaborazione. Ma anche se per i prodotti commercializzati da oltre vent’anni è prevista una procedura semplificata – continua Gorga – che ha costi relativamente contenuti, nell’ordine di una decina di migliaia di euro, ogni azienda dovrà gioco forza ridurre il numero di medicinali che terrà in commercio. Un cambiamento che non intaccherà l’occupazione ma avrà un impatto anche sulle linee produttive».

Ai costi di registrazione vanno poi aggiunti quelli relativi alle tariffe. «Si va dagli 800 euro per il farmaco unitario – spiega Gorga – ai 1.200 euro per i prodotti complessi. Considerando i fatturati medi delle aziende, qualche agevolazione in più per il settore non guasterebbe».

Ma al di là degli obblighi di legge e dei necessari investimenti, si tratta di un processo molto positivo per il settore. «Perché l’Autorizzazione in commercio da parte di Aifa rappresenta da un lato una maggiore tutela per il consumatore-paziente – continua Gorga – dall’altro equipara il medicinale omeopatico al farmaco tradizionale. Inoltre attraverso l’Aic si apriranno le porte per i mercati esteri». Senza il numero di Aic, infatti, fino ad oggi, è stato complicatissimo esportare, se non addirittura impossibile. «L’export sarà la sfida dei prossimi anni e dal 2019 tutti i nostri prodotti avranno le carte in regola».

Una valvola di sfogo importante per le vendite, a fronte di un giro d’affari interno che resta in «stand by», segnato dalla crisi economica. Nel 2015 infatti il fatturato complessivo dell’intero comparto italiano – che vale oltre 300milioni di euro di sell out e che conferma l’Italia quale terzo mercato in Europa – ha registrato una leggera flessione ( -1%) in termini di valori. «E nei primi mesi del 2016 – spiega Gorga – le stime non sono molto positive, anche se il trend si riavvia verso una normalizzazione».

Per ridare ossigeno sul fronte interno, sottolinea Omeoimprese, servirebbe una maggiore informazione. I medici che prescrivono o consigliano l’uso di farmaci omeopatici (che sono sempre interamente a carico del paziente) sono oltre 20mila. E attualmente, secondo una recente indagine di EMG Acqua, più del 20 per cento degli italiani utilizza medicinali omeopatici almeno una volta l’anno (circa 8 milioni di persone) e il 4,5 per cento della popolazione si affida alle cure complementari con una frequenza quotidiana o settimanale. In generale, oltre l’80 per cento degli intervistati conosce l’omeopatia. Con l’omeopatia gli italiani curano soprattutto riniti, raffreddori, influenze (63,6%), dolori articolari o muscolari (30,4%), allergie e problemi all’apparato respiratorio (21,8%). Il farmaco più popolare è l’arnica, usato più frequentemente dal 14,4% degli italiani. È tramontata la moda dei fiori di Bach, cui ricorre il 5.9% degli intervistati.

«Sarebbe giusta e utile un’assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni – conclude Gorga – che dovrebbero farsi carico di una maggiore e più corretta informazione al paziente, per superare quei pregiudizi che ancora permangono in Italia. Che resta culturalmente fanalino di coda nell’Ue. Basti pensare che in Francia i medicinali omeopatici sono rimborsabili, così come in altri Paesi d’Europa, e le tariffe, soprattutto per quanto attiene ai nuovi medicinali da immettere in commercio/nuove registrazioni, sono decisamente più basse che in Italia. L’omeopatia insomma non può essere considerata un argomento tabù, una pratica medica da seguire in segreto. Stiamo parlando di una disciplina parificata alle medicine tradizionali dall’Oms e dalla FnomCeo, ma che nel nostro Paese, soprattutto nel mondo accademico, ha ancora troppi detrattori. Per questo come associazione stiamo lavorando a un decalogo per i cittadini. Ma bisogna anche completare il quadro normativo relativo alla formazione dei medici e servirebbero più investimenti sulla ricerca di base, soprattutto per fare luce sui meccanismi di azione di questi farmaci».

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