Da "Omeopatia33" del 4 febbraio 2010

“Piazzate” contro l’omeopatia

Una protesta vuota e priva di ogni significato

Alle ore 10 e 23 minuti di domenica 30 gennaio, in dodici città dal Regno Unito agli USA, all’Australia, al Canada trecento “volontari” all’ordine della Merseyside Skeptic Society e delle consorelle hanno ingurgitato un intero tubo granuli di Arsenicum album. Non è dato sapere se in diluizione molecolare (e cioè fino alle 12CH) o se in diluizione ultradiluita, come vorrebbe la simbologia dell’ora della protesta: 10.23. Giacché 10 alla -23 molare è il limite di concentrazione imposto dal principio di Avogadro, oltre il quale nemmeno una molecola di principio attivo è ragionevolmente reperibile dentro la diluizione.

Ore 10 e 23: la ‘sensazionale’ dimostrazione della Skeptics Society

A noi l’unica cosa che appare “sensazionale” è la sciocchezza di un’operazione del genere. Nemmeno originale. Si tratta infatti della replica di un’analoga iniziativa promossa in Belgio nel 2004, all’epoca la qualificarono come “suicidio omeopatico”. Non nutriamo molti dubbi sul perché la Merseyside, associazione di scettici con sede a Liverpool, possa avere ottime ragioni per prendersela con l’omeopatia, così diffusa in Inghilterra, praticata dentro gli ospedali (quattro) del Servizio Sanitario inglese, utilizzata da consumatori entusiasti dei risultati; gli stessi peraltro ad avere sperimentato sulla propria pelle limiti, inefficacia e effetti collaterali di farmaci convenzionali, particolarmente nella gestione delle malattie croniche. Nemmeno ci è difficile immaginare la facilità con la quale sia stato possibile reclutare sponsor generosi della “sensazionale” manifestazione. Oltre la commedia, oltre (è il caso di dirlo) le “piazzate”, restano i dati. E i dati fanno “arrossire” gli orbi assertori della “medicina unica”, la convenzionale, ovviamente. Più del 70% dei malati cronici, infatti, ricorre alle medicine complementari, omeopatia in primis e più dell’80% ne dichiara l’efficacia. In continuo aumento l’utilizzo dell’omeopatia nei pazienti affetti da malattie croniche e nei pazienti oncologici, compresi i bambini. E proprio per le cure oncologiche sono in aumento i servizi pubblici in Europa e nel resto del mondo che offrono l’omeopatia per contenere i danni da chemioterapici. In aumento anche i medici e i farmacisti che studiano l’omeopatia nelle scuole private e nei Master universitari. In aumento le conferme di efficacia e in esponenziale aumento le conferme scientifiche dei meccanismo d’azione delle microdosi dei farmaci, un ambito cui ragionevolmente appartiene anche tutto il comparto delle sostanze omeopatiche a concentrazioni molecolari. Una “sensazionale” sciocchezza dicevamo. L’esercitazione pubblica (e mediatica) è servita a dimostrare soltanto che l’omeopatia non è tossica. Ma questo lo sapevamo già. Quante volte abbiamo messo in guardia i pronto soccorso degli ospedali informandoli che, nel caso di ingestione di un intero tubo di un omeopatico qualunque (finanche in dosi molecolari, finanche cioè quando avessero ingerito miliardi di molecole di principio attivo), non vi sarebbe mai stata necessità di una lavanda gastrica? Il tutto chiaramente espresso anche dalla Guida all’Omeopatia, redatta dalla SIOMI (Elsevier editore). Del resto i medicinali omeopatici possono essere messi in commercio solo a concentrazioni di principio attivo riconosciute come non tossiche. Ma questo si sa. Possibile che gli scettici di Liverpool della Meyersade non lo sappiano? E’ vero, i farmaci chimici se funzionano producono abitualmente anche pesanti effetti collaterali, ma questo è un limite della farmacologia convenzionale, non certo il suo pregio.

Simonetta Bernardini

 

Al dileggio degli scettici britannici: gradite una tazza di tè?

Da Torinese leggo “La Stampa” tutti i giorni, lo storico quotidiano torinese nato solo quattro anni dopo l’Unità d’Italia, con Torino prima capitale. Impensabile non leggerlo, per un piemontese, in particolare la domenica. Questa domenica mi sono molto divertita a leggere l’articolo dell’agile penna di Eugenia Tognotti che descriveva una performance di scettici britannici intorno all’omeopatia. I dimostranti intendevano smascherare l’inganno omeopatico con tanto di costumi teatrali (maglietta “dentro non c’è niente”), pronipoti di empiristi al seguito (John Locke e David Hume, pace all’anima loro), dotti citazioni chimiche (orario 10 e 23, con chiaro riferimento al numero di Avogadro). Ammirevole per creatività al passo coi tempi e conseguente tam-tam mediatico, la performance ha previsto l’assunzione di un intero tubo di granuli di Arsenicum album, granulo per granulo, con teatrale deglutizione di ciascuno, a dimostrare che non sarebbero morti avvelenati. Nessuna ambulanza allertata, ovviamente.
Geniali, i nostri scettici di Liverpool, anche se non troppo originali: una messa in scena quasi uguale dal titolo “suicidio di massa” risale al 2004, in Belgio. Certo una dimostrazione divertente, una curiosità quasi da Guinness dei primati (intesi anche come scimmie). Ma quanta parte di sincero convincimento e quanta parte di evanescente e puerile divertimento negli attori e organizzatori di questi tipi di spettacolo? Interessante, forse meno divertente, uno dei possibili retroscena: la paura del nuovo. Nuovo si fa per dire, visto che l’omeopatia proprio nuovissima non è. Forse dell’imponderabile. Del mistero della vita e della biologia. O forse dell’evenienza che si possa sovvertire il sistema rassicurante, solido, certo. E quanta parte le industrie del farmaco, per dirne un’altra? O saranno i britannici simili ai piemontesi? A priori dubitare delle “novità”. Se poi queste novità coinvolgono un quarto della popolazione occorre porvi riparo: siamo non siamo restauratori? Che ne sarà delle nostre certezze?
Mi viene in mente una storia zen, letta tanti anni fa, che vi trascrivo per intero. Nan-in, un maestro giapponese dell’era Meijii (1868-1912), ricevette la visita di un professore universitario che era andato da lui per interrogarlo sullo Zen. Nan-in servì il tè. Colmò la tazza del suo ospite e continuò a versare. Il professore vide traboccare il tè e non riuscì più a contenersi: “E’ ricolma: non ne entra più! ”. “Come questa tazza” disse Nan-in “tu sei ricolmo delle tue opinioni e congetture. Come posso spiegarti lo Zen se prima non vuoti la tua tazza?”

Luisella Zanino

Fonte: Simonetta Bernardini, Luisella Zanino

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