Intervista a Maurizio Benato

L'opinione sulle Medicine Complementari del vicepresidente FNOMCeO

Si è svolto nei giorni 11-12 aprile a Padova il Convegno “Stimolazione controlaterale in terapia del dolore" organizzato dal Dipartimento di Farmacologia ed Anestesiologia dell'Università di Padova e dall'Istituto Oncologico Veneto, con il patrocinio dell'Ordine provinciale. Per l’occasione è apparso sul sito della FNOM un’intervista al Prof. Maurizio Benato, Presidente dell’Ordine dei medici di Padova e vicepresidente nazionale FNOMCeO.Considerato l’importanza che ha per i medici esperti nelle medicine complementari il tema affrontato dal nostro vicepresidente nazionale, la Redazione di Omeopatia33 ha voluto rivolgere qualche ulteriore domanda al Professore.

Presidente,

       il tema delle medicine non convenzionali o complementari è sempre più dibattuto in Italia. Mentre manca ancora una presa di posizione del nostro Governo nazionale, osserviamo interessanti “fughe in avanti” che a mio modo di vedere segnalano come i tempi siano maturi per un salto di qualità. Per esempio: 26 università americane si sono riunite nel Consortium for Integrative Medicine e hanno fornito Linee Guida per l'insegnamento delle medicine complementari all'Università. in Italia, tuttavia, le medicine complementari sono insegnate quasi esclusivamente da Scuole di formazione private. Cosa ne pensa della possibilità che almeno per le medicine riconosciute dalla legge toscana 9/07, licenziata come atta ad operare dal Governo centrale, e cioè: Fitoterapia, Omeopatia e Agopuntura si avviino finalmente corsi di formazione universitari?

  • Poter contare su una formazione post-laurea adeguata nei percorsi formativi, rigorosa nei programmi didattici, attenta alle richieste del paziente, forte di un’autorevolezza di insegnamento fondato sulle garanzie del pubblico, non potrebbe che costituire un vero salto di qualità. E’ evidente, però, che raggiungere un tale obiettivo non significa da  parte della medicina Ufficiale rinunciare a quei punti cardine già citati sui quali, come ho già detto, la posizione è assolutamente intransigente. Si tratterebbe, quindi, di incrementare, a tutela del paziente, la ricerca di base clinica e dei servizi sanitari, di investire nella ricerca sulla sicurezza ed efficacia dei prodotti, di strutturare un quadro organizzativo della didattica fondato sui risultati delle ricerche e sulla validità dell’insegnamento. Solo questo, a mio avviso, potrebbe costituire un solido impianto atto a concretizzare un efficace processo di integrazione. 

        "Convenzionale", "non convenzionale", sono termini oramai sempre meno utilizzati in letteratura scientifica. La SIOMI ritiene che la medicina dovrebbe essere una e una soltanto, frutto dell'alleanza tra pensieri medici che hanno dimostrato la loro efficacia. Crede che i tempi siano maturi per abbandonare questa terminologia che stimola alla contrapposizione inutile e dannosa tra colleghi medici? Non sarebbe meglio parlare semplicemente di complementarietà e medicina integrata?

  • L’integrazione dell’esercizio non convenzionale nell’ambito della medicina ufficiale è una richiesta che da tempo, da più parti, viene posta, a partire dalla richiesta di una modifica terminologica dell’esercizio da Non Convenzionale a Integrativo o Complementare passando per l’ipotesi di allargamento al livello pubblico del sistema formativo oggi prevalentemente privato, fino a giungere ad una implementazione dei percorsi di aggiornamento ECM allargati al campo non convenzionale. Si tratta, in buona sostanza, di diversi tasselli di uno stesso  mosaico che, a mio avviso, risultano tra loro connessi e non scindibili laddove evidentemente si ritenga fattibile l’integrazione. Sono note le diversità di posizione all’interno del mondo medico-scientifico riguardo alla richiesta di integrazione ed è di tutta evidenza che l’istituzione dei corsi di formazione universitaria dell’insegnamento non convenzionale costituirebbe un passaggio-chiave del processo stesso. L’interesse dell’istituzione ordinistica in tal senso sarebbe forte laddove lo si leggesse nel significato di una maggiore tutela della salute del paziente.

         Infine, come Lei sa, l'Ospedale di Pitigliano (GR) sta diventando un ospedale di medicina integrata. Al letto del paziente il medico classico, l'agopuntore, l'omeopata e il fitoterapeuta. Il progetto è quello della integrazione tra più strumenti di cura al fine di migliorare le offerte di salute del cittadino. La regione toscana con questa iniziativa vuole avviare una sperimentazione per valutare sia l'efficacia terapeutica di un approccio integrato alla cura, sia l'efficacia sulla qualità della vita dei cittadini (riduzione del consumo dei farmaci e eventualmente degli effetti collaterali). Come considera questo progetto?

  • Riguardo alla sperimentazione portata avanti all’ospedale di Pitigliano non posso che apprezzare l’iniziativa che costituisce vero esempio di alleanza tra soggetti tutti operanti verso un comune obiettivo- che è la salute del paziente- nell’ambito di un contesto che diversifica la cornice concettuale della medicina. 

Fonte: Simonetta Bernardini